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Cineforum Eventi

Questo non è un film da: oh quanto mi sento bene!

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Ritorna il consueto appuntamento settimanale del club 33 giri con il cineforum “LeadFollow”. La quarta e ultima proiezione del mese interamente dedicato a Woody Allen vedrà protagonista il film “Basta che funzioni” del 2009. Questa pellicola segna il ritorno (vincente) del regista newyorkese nella sua città natale dopo le trasferte europee di Match Point, Scoop e Sogni e Delitti, a Londra e Vicky Cristina Barcelona, a Barcellona. La sceneggiatura è stata scritta nel lontano 1970 per un pioniere dello stand-up, il comico ebreo newyorkese Zero Mostel, scomparso nel 1977. Il ruolo del protagonista, intellettuale ansioso che si innamora della ragazzina ingenua e sciocca, è affidato a Larry David, star della sitcom Curb your enthusiasm. David incarna una dei tanti alter ego di Allen, questa volta irascibile, sarcastico, misantropo e paranoico. La storia è quella di Boris, uno scienziato sessantenne, che deluso dalla vita tenta il suicido, ma fallisce. Decide così di abbandonare gli agi della vita borghese e si trasferisce nel quartiere di Chinatown, in un vecchio e trasandato appartamento, passando le giornate ad insegnare scacchi ai bambini (spesso insultandoli) e fare lunghe chiacchierate polemiche ed esistenziali con vecchi amici. Incontrerà per caso una giovanissima ragazza venuta dal Sud (Melodie St. Anne Celestine), scappata di casa e decisa a trovare lavoro a New York. L’intreccio rimane fedele ai grandi temi alleniani: assurdità dell’esistenza umana, tentazione costante del suicidio, promesse di felicità nelle fattezze di una giovane donna. Una commedia sarcastica e pungente, dissacrante e irriverente, una comicità puramente alleniana che questa volta parla direttamente allo spettatore, ricordandogli tutta la sua miserabilità.

Vi aspettiamo domani alle ore 21:00 in associazione.

Articolo a cura di Antonio Di Vilio e Luigi Fiorillo

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Capitolo primo. Adorava New York

Manhattan

Ritorna il consueto appuntamento settimanale del Club 33 giri con il cineforum “LeadFollow”. La terza proiezione del mese di Aprile (interamente dedicato a Woody Allen) vedrà protagonista il film “Manhattan” del 1979. L’opera è una delle colonne portanti della filmografia del regista newyorkese, qui al suo nono film da regista e alle prese con una vera e propria ode alla sua città natale. Già dal titolo infatti possiamo intuire quanto sia marcata la presenza della città nelle dinamiche affettive e sentimentale dei personaggi, ne è un esempio lampante la scena forse più potente dell’intero film, quella in cui Woody Allen e Diane Keaton sono seduti su una panchina dell’East River contemplando il sorgere del sole, con una New York posata, quasi dormiente che fornisce la cornice perfetta per l’atto dell’innamoramento, mai stato reso con più forza e semplicità prima d’allora. Un’immagine che diventa un’icona che ci si incolla addosso perché in fondo è così che tutti noi vorremmo innamorarci. Manhattan è, tanto per cambiare, una storia d’amore, che gira intorno al protagonista Isaac Davis (Woody Allen), diviso tra l’ambiente intellettuale e snob incarnato dal personaggio di Mary (Diane Keaton), l’ex-moglie vendicativa, che ha deciso di scrivere un libro nel quale rende pubblici dettagli della loro vita coniugale, interpretata da Meryl Streep, e l’amore romantico per l’adolescente Tracy (Mariel Hemingway). Il film è un condensato dell’universo alleniano, pieno zeppo di tradimenti, nevrosi e battute sagaci, tecnicamente impeccabile, a partire dai movimenti di macchina per finire alla diafana fotografia di Gordon Willis, che dipinge la luce perfetta per un bianco e nero da mozzafiato. Ad accompagnare infine i personaggi nei loro continui tentativi di divincolarsi dalle responsabilità e dalla frenesia scalpitante della città, ci sono le musiche di George Gershwin, che fin dal primo minuto aiutano Allen ad allestire una delle atmosfere più intime della storia del cinema.

Vi aspettiamo stasera alle ore 22.00 in associazione.

Articolo a cura di Luigi Fiorillo e Antonio Di Vilio

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E poi a me le uova chi me le fa?

La locandina del film
La locandina del film

Ritorna il consueto appuntamento settimanale del Club 33 giri con il cineforum “Leadfollow”. La seconda proiezione del mese di Aprile, interamente dedicato a Woody Allen, vedrà protagonista il film “Io e Annie” del 1977. L’opera viene considerata da molti critici come una delle migliori del regista di Manhattan, qui all’apice  del suo sodalizio con l’attrice Diane Keaton. La pellicola è fondamentalmente il ritratto (per certi versi autobiografico) di una coppia che si incontra, si ama e poi smette di amarsi semplicemente perché “l’amore svanisce”. Una commedia sentimentale che si discosta dai primi film di Allen, la cui impronta comica e intensità delle gag faceva in modo che lo spettatore non si calasse più di tanto nella storia e nei personaggi e che ora si invola verso ambizioni ben più profonde. Troviamo di conseguenza un Allen meno propenso a dispensare battute a catena e più concentrato a tessere una sempre più fitta trama di nevrosi, paure ed ossessioni, dipingendo due personaggi ed una storia che hanno fatto la storia del cinema. Grazie alle sue innovazioni stilistiche, alla libertà dei toni e alla flessibilità della struttura infatti, questa pellicola è diventata la capostipite della nuova commedia romantica americana. Inizialmente intitolato Anedonia (“impossibilità di provare piacere” in greco), Allen, non senza pressioni da parte dei produttori, decide di cambiare il titolo in Annie Hall, dal diminutivo e dal vero cognome di Diane Keaton. Possiamo quasi considerare allora l’intero film come un vero e proprio omaggio all’attrice californiana, splendida musa di quegli anni del regista newyorkese . Ah…il film ha vinto anche quattro oscar se può interessarvi.

Vi aspettiamo domani alle ore 21:00 in associazione.

Articolo a cura di Luigi Fiorillo e Antonio Di Vilio

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“Un orso e un topo è una cosa che non va bene!”

Per il terzo appuntamento del mese di Marzo della rassegna cinematografica “Lead Follow”, il Club 33 Giri propone una vera bomboniera: Ernest e Celestine. Da una produzione franco-belga, diretto da Stèphane Aubier, Vincent Patar e Benjamin Renner è tratto dalla serie omonima di libri per bambini di Gabrielle Vincent. Presenta una sceneggiatura firmata Daniel Pennac e una candidatura agli Oscar come miglior film d’animazione.

Se siete abituati alle familiari animazioni della Disney o di Hayao Miyazaki, resterete piacevolmente sorpresi dal mondo fatto di acquerelli e colori pastello di Ernest e Celestine. Le prime scene non potranno che trasportarvi in quei grandi libri illustrati della vostra infanzia, eppure la trama riesce a riportare l’attenzione su temi decisamente adulti, come l’abbattimento delle barriere tra culture differenti e rischiare tutto per fare nella vita ciò che più si ama con chi si ama. La storia è ambientata nella città degli orsi, nel cui sottosuolo si è sviluppata quella dei topi. Intuibile la rivalità tra le due, senza considerare che gli orsi sono nemici giurati dei topi, a loro volta considerati miserabili . In questo quadro di ostilità avviene l’incontro tra Ernest, orso bruno nell’aspetto e nel carattere, e Celestine, topina tenace , coraggiosa e decisa a costruirsi un futuro migliore del passato da orfanella che le è toccato in sorte. E proprio grazie a questo rocambolesco rapporto parte un viaggio di crescita e mutamento che riuscirà a colpire direttamente prima i protagonisti e poi i due i mondi da cui provengono. Ernest e Celestine è uno di quei film che riescono a toccare l’animo umano con una delicata ma profonda dolcezza e al contempo infondere coraggio e dare quella spinta, a volte necessaria, per superare i pregiudizi verso gli altri e le insicurezze verso se stessi.

Articolo a cura di Federica Siano

 

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Gonfiamo i palloncini

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Ritorna il consueto appuntamento settimanale del Club 33 giri con il cineforum “LeadFollow”. La seconda proiezione del mese di marzo vedrà protagonista il capolavoro della Disney-Pixar, “Up” di Pete Docter e Bob Peterson. La pellicola, vincitrice del premio Oscar per il miglior film d’animazione nel 2010, racconta in chiave romantica ed avventurosa, di quanto coraggioso sia coltivare un sogno, rincorrerlo testardamente, anche se la nostra indole non è complementare con tale atteggiamento. Questo coraggio però, spesso può lasciare il posto ad un sentimento di completa disillusione, di misantropia, di totale indulgenza (verso noi stessi mai verso gli altri) quando qualcosa, in questo caso la morte, ci porta via la linfa vitale che alimentava quella forza interiore in grado di tenere vivo il sogno malgrado il dirompere continuo della realtà nella nostra vita. Quella linfa vitale è quasi sempre una persona e quando quest’ultima c’abbandona, di lei ci rimane soltanto una promessa, troppo fragile a confronto. Passano gli anni e col tempo la nostra memoria ci tira dei brutti scherzi facendoci credere che il dolore, l’età, il senso di inadeguatezza siano dei buoni motivi per cui dimenticare quella promessa, facendoci dedicare all’ordinario, alle cose inutili. A volte però quei sogni che credevi abbandonati decidono di levarsi di dosso tutta quella polvere accumulata con gli anni, e di chiederti, anzi importi, di riportarli a fulcro centrale della tua esistenza. Può succedere che si presentino sotto forma di un bambino grassottello di nome Russell. Può succedere che ti devi dare una mossa, tu Carl, vecchio e orgoglioso pensionato radicato in casa e deciso a non abbandonare per nulla al mondo, nemmeno per tutta quella montagna di soldi che l’imprenditore multimilionario ha deciso di offrirti, perché lì non vuoi altro cemento a rifocillare la speculazione edilizia nella tua città. Può succedere che ti ricordi di quella promessa che hai fatto all’amore della tua vita, andare a vivere sulle cascate Paradiso, in Sud America. Non ha alcuna importanza se ad ostacolarti ci siano cani parlanti, fantomatici animali in via di estinzione o dimenticati esploratori dall’oscuro passato, tu devi tener fede a quella promessa e se per farlo occorre far volare casa tua, beh allora è meglio se cominci a gonfiare più palloncini possibili.

Vi aspettiamo domani alle ore 21.00 in associazione.

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Dogville: lo spazio della finzione

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Ritorna il consueto appuntamento settimanale del Club 33 giri con il cineforum “LeadFollow”. La terza e ultima proiezione del mese di febbraio vedrà protagonista il film Dogville del regista danese Lars Von Trier. Il film è la storia della figlia di un gangster che scappa da un imprecisato nemico e trova rifugio in un villaggio delle Montagne Rocciose e lì vivrà prima il sogno, quello americano, e poi l’incubo, quello della realtà, quello dell’ipocrisia. Lo spazio della finzione è un enorme set teatrale, neanche porte e finestre sono reali:  una voce fuori campo, con un crescendo di mistero e nonsense, contribuisce a far crescere l’attesa per l’apocalisse finale, che manderà in frantumi tutte quelle sovrastrutture sociali che nonostante l’eliminazioni delle location, vengono a crearsi nel susseguirsi degli episodi che vedono protagonista Grace Margaret Mulligan interpretata dall’algida  Nicole Kidman, perfettamente nel “mood”. Si chiude con questa perla del regista più controverso degli ultimi venti anni, il mese dedicato al cinema sperimentale contemporaneo.

Vi aspettiamo domani sera alle ore 21:00 in associazione.

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Ritorna il cinema al 33 Giri

ll programma del Cineforum.
ll programma del Cineforum.

Se state facendo qualcosa, continuate a farla; se state ascoltando una canzone, non schiacciate pausa; se state maledicendo la vostra connessione che, per l’ennesima volta, si è bloccata lasciandovi di fronte questo post,  continuate a maledirla dando sfogo ai vostri istinti più bassi, ma durante tutto questo, concedete qualche minuto alla lettura di queste poche righe. La notizia è questa: domani, martedì 10 febbraio, ritorna il cineforum “LeadFollow”, giunto ormai alla terza edizione. Tutto qui. Si lo so, non è che sia sufficiente a calmare i vostri sfoghi e le vostre (nostre) piccole frustrazioni quotidiane, ma io v’avevo avvisati. Devo informarvi che quest’edizione conterà 8 proiezioni e che quindi almeno per otto settimane riceverete notizie, da me o dal mio mozzo, riguardanti il cineforum. Faremo di tutto per  convincervi ad unirvi a noi nel nostro progetto,  apparentemente carismatico quanto una partita di curling, lo so, ma vivo e permeato da una quantità di passione tale che ci consentirà di trascinarvi senza che voi ve ne accorgiate. In preda, ahimè, di questo vortice di parole non posso evitare di spiegare cosa sia realmente “LeadFollow”: L’incondizionato amore per il cinema, tempo fa, decise di manifestarsi…tutto qui, solo che il suo pantagruelico bisogno d’attenzione ha fatto si che una edizione non fosse sufficiente e quindi eccoci alla terza e mezza. È molto semplice, ed è proprio per questo che per rendere tutto un po’ più interessante, anche questa nostra “forzata dichiarazione d’amore” seguirà due linee guida che abbiamo deciso di imporre: Il cinema sperimentale contemporaneo e il cinema d’animazione. Si partirà dalla  colorata denuncia all’America pistolera di Gus Van Sant con “Elephant”, per poi passare all’imponente capolavoro “Arca Russa” di Alexander Sokurov, per poi arrivare al travagliato “Dogville” di Lars Von Trier. Il mese di marzo invece sarà il mese del cinema senza né carne né ossa. Ci saranno pellicole che hanno segnato la storia dell’animazione, come quelle del maestro Miyazaki e pellicole di registi che sono stati soltanto degli incursori nel genere, come “Fantastic Mr.Fox” di Wes Anderson e “La sposa Cadavere” di Tim Burton, e infine pellicole che hanno vinto l’oscar come “Up”, il capolavoro Pixar diretto da Pete Docter. Qualunque sia il mese, il film o il genere, l’amore per la settima arte si sentirà e di conseguenza perdonerete la mia incessante voglia di rendervi partecipi.

Il film di domani sarà “Elephant” (2003), vincitore della palma d’oro al festival di Cannes e riconosciuto come una delle migliori opere del regista Gus Van Sant (Will hunting; Milk). Il film trae spunto dal massacro della Columbine High School e da altre tristi stragi americane avvenute in ambienti scolastici, ed è una caustica e inspiegabilmente “posata” denuncia all’America contemporanea che troppe volte presta il fianco a stragi del genere grazie alla propria tolleranza nella vendita delle armi. Il titolo allude al proverbiale elefante nella stanza, metafora di un problema che tutti vedono ma di cui nessuno vuole parlare. A domani.

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